La giustizia deve essere certa e rapida, come non è purtroppo oggi in Italia.
E’ venuta l’ora di renderla tale, di dare alla Magistratura i mezzi tecnici di cui difetta, di riportarla a quella sua reale posizione di pieno prestigio come terzo potere dello Stato, che è indispensabile se esso deve essere libero ed efficiente.
Bisogna, oggi forse più che mai, curare e selezionare i quadri della Magistratura, che tanta tradizione di nobiltà ha avuto nel nostro Paese.
Bisogna che i quadri dell’Amministrazione riacquistino quel prestigio, quella posizione sociale, quella fiducia dei governanti e dei cittadini, che costituivano il vanto del nostro Stato liberale in particolare fino alla prima guerra mondiale.
La società aperta garantisce i diritti dei cittadini e i liberali intendono rispettare questo principio, facendo uscire il paese dalla cultura dell’emergenza che è l’antitesi speculare dello stato dei diritti e il frutto di una rassegnazione antica e di iniziative recenti.
La via maestra della civiltà giuridica italiana è quella tracciata dalla dottrina e dalle istituzioni, da Cesare Beccaria alla costituzione repubblicana.
Per la realizzazione di una società aperta è necessaria una vigorosa iniziativa politica volta a riconquistare pienamente lo stato di diritto ed eliminando in tempi brevi le carenze e le disfunzioni della giustizia che hanno determinato, allo stato attuale, un oggettivo arretramento delle garanzie di libertà individuale nel rapporto tra cittadini e le diverse forme di potere.
La tutela delle libertà dei cittadini è lesa in maniera grave dalla eccessiva lentezza dei procedimenti civili e penali.
Altrettanto indifferibile è tutelare il cittadino nei confronti della pubblica amministrazione attraverso più adeguati strumenti anche di giustizia amministrativa.
Riteniamo che aver consentito ai cittadini di avere voci in capitolo col referendum in materia di giustizia sia giusto, e la Corte Costituzionale con la sua autorevolezza ne ha sancito la validità.
I liberali sostengono il referendum non allo scopo di causare un distacco di fiducia, ma con l’intento semmai di voler colmare quella sfiducia, quella prevenzione che alle persone, per dimostrare che sono veramente incensurati, fa affermare “ di non aver servito nemmeno una volta da testimone”, tanta è l’allergia e la preoccupazione di essere coinvolti in una vicenda giudiziaria.
Voglio qui affermare, dunque, per la parte liberale, la massima fiducia nella magistratura.
Oggi occorre coraggio, il coraggio di difendere un mutamento che è essenziale per la dignità del cittadino nel processo, sia esso imputato o parte lesa. Non dimentichiamo mai, infatti, che nel processo il dramma riguarda anche chi il reato lo ha subìto e non soltanto chi lo ha commesso o che è imputato di averlo compiuto.
La rapidità delle decisioni e la chiarezza delle proposte dialettiche che il processo porrà nel futuro di fronte a chi giudica, terzo e superiore rispetto alle parti in conflitto, determineranno una forte possibilità di recupero di quel rapporto di fiducia che è alla base di qualsiasi istituto democratico, primo fra tutti quello che ha il compito di rendere giustizia: il più difficile e terrificante che esista, per quanto mi riguarda.
E’ con questo criterio che i liberali guardano al lavoro compiuto dal Governo in questo periodo.
Ho sentito sollevare molte critiche, ma credo che l’elenco – per alcuni ingenerosamente e strumentalmente non encomiastico, non elegiaco – degli impegni realizzati, in particolare dalla Ministra Cartabia, non debba essere affatto trascurato.
In un momento difficile come questo dobbiamo riconoscere che ciò che è stato fatto (anche se non è tutto quello che avremmo voluto) è comunque significativo.
Certamente i cittadini sono in gran parte impressionati, in tema di giustizia, particolarmente dalla crisi che ha investito recentemente il Consiglio Superiore della Magistratura; qui per tanti il problema è tuttora quasi lessicale : si parla di Consiglio Superiore della Magistratura, ma se è superiore si vuol pur capire meglio nei confronti di che cosa.
Se infatti esso non è superiore ai sospetti, che a volte esistono, di un’eccessiva politicizzazione, da qualunque parte provenga, allora questa superiorità è dichiarata nel frontespizio ma non sentita dalla gente! E molte volte si ha la sensazione, anche attraverso gli autorevoli richiami del Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, che è il Presidente della Repubblica, che questa superiorità – come approdo e come sostanza – debba essere rivendicata.
Vi è un modo di offrire migliori garanzie ( un’esigenza che tra l’altro viene espressa e richiesta in uno dei quesiti del referendum della giustizia) ed è il sistema elettorale, che deve evitare al massimo ingerenze che non siano politiche in senso alto (che non possono esserci, perché non vogliamo togliere ai giudici il diritto di essere cittadini completi, con le loro legittime, forti, intime opinioni).
Ciò tra l’altro rende più umano il loro compito di giudicare altri uomini che hanno loro opinioni, che il giudice deve essere in grado di valutare senza chiudersi in una turris eburnea.
Credo sia importante che l’elezione dei giudici non sia legata alla campagna elettorale che si svolge con le sentenze, con la notorietà che ne deriva, con le iniziative clamorose che sostengono, insieme all’iniziativa, il nome di chi la esercita. E’ importante che le scelte dei giudici avvengano attraverso un sistema elettorale che non richieda la necessità di farsi propaganda urbi et orbi , ma privilegi il credito e la fiducia, così che vengano eletti magistrati stimati.
Molte delle drammatiche vicende di questi ultimi tempi non si sarebbero forse verificate particolarmente in seno al CSM – o avrebbero assunto un andamento assai diverso – se fosse a suo tempo intervenuta una riforma finalizzata a ridurre fortemente la funzione elettorale svolta dalle correnti organizzate all’interno della magistratura.
Non è ovviamente in discussione il ruolo che le realtà associative dei magistrati possono svolgere sul piano culturale e politico in relazione ai problemi della giustizia: in tal senso, ciascun gruppo può certamente esprimere il massimo della sua capacità di aggregazione e di organizzazione del consenso. Ciò che invece va sottoposto a revisione è la possibilità degli stati maggiori delle correnti di determinare “chi, quando e come” debba rappresentare i suoi colleghi in seno all’organo di autogoverno della magistratura.
Insomma, come si avverte, l’immagine della giustizia è ancora debole e travagliata, anche a causa di certe censurabili politiche di governi che hanno amministrato nel passato un settore così importante come quello della giustizia devastandolo, destinandogli risorse non adeguate del bilancio dello Stato e non impegnandosi, in particolare, a risparmiare dove vi erano eccessi, sprechi, assistenzialismo e clientele per finanziare invece quei ministeri – tra i quali il Ministero di Grazia e Giustizia – che sono responsabili delle strutture più importanti di un paese e che misurano il livello di civiltà.
Anche con un auspicabile successo del referendum – cui seguirà il dibattito al Senato sulla riforma della giustizia – alcune gravi lacune del passato potranno essere rimosse a breve, ma ancora molte cose ci saranno da fare. Occorreranno una maggioranza parlamentare e un Governo chiari e vigorosi: articolati, ma senza contraddizioni. Occorreranno, e da subito, atteggiamenti ed atti politici, legislativi ed amministrativi per tradurre le affermazioni di principio nella concretezza della realtà quotidiana.
Le carenze e gli errori commessi nei vari settori della vita italiana debbono essere sostituiti da misure di amministrazione e di riforma tali da ristabilire le fiducia di vastissimi strati di cittadini nella capacità del sistema libero di difendersi e di assicurare il progresso in tutti i campi.
(di seguito i dati e le considerazioni per noi condivisibili della campagna referendaria per il SI di Azione e +Europa)
In conclusione è la mancanza di fiducia che determina il marasma attuale.
Solo superandone i motivi l’Italia potrà riprendere la marcia in avanti. A noi cittadini, dunque, se davvero vogliamo cambiare le cose, spetta spronare la politica in tal senso e dare il segnale, quindi, quanto più corale e compatto, votando numerosi per il SI, domenica 12 giugno, dalle ore 7 alle ore 23, a tutti e 5 i quesiti referendari, di cui 4 della Giustizia ed 1 ( Legge Severino sulla incandidabilità delle persone condannate ) della Politica.
Circa tale referendum numero uno (scheda di colore rosso) sulla incandidabilità delle persone condannate, sappiate che si tratta di abrogare con il SI il Testo unico vigente delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi.
In pratica, si chiede di cancellare la Legge Severino che esclude dalle elezioni e dagli incarichi in politica le persone condannate. Attualmente è prevista l’incandidabilità, l’ineleggibilità e la decadenza automatica per parlamentari, rappresentanti di Governo, consiglieri regionali, sindaci e amministratori locali in caso di condanna. Con il SI viene abrogato il decreto e si cancella così l’automatismo: cioè si restituisce ai giudici la facoltà di decidere, di volta in volta, se, in caso di condanna, occorra applicare o meno anche l’interdizione dai pubblici uffici.
Se dovesse venir meno la partecipazione necessaria degli elettori (50% + 1 ) al Referendum o dovessero prevalere i NO a tutti e 5 i quesiti, tutto resterebbe in vigore come adesso.
Per votare è sufficiente esibire al seggio elettorale la propria tessera elettorale ed il documento di identità.
In caso di smarrimento della tessera, l’ufficio elettorale resterà comunque aperto dalle ore 9 alle ore 18 nei due giorni antecedenti la data della consultazione e, nel giorno della votazione, per tutta la durata delle operazioni di voto, quindi dalle ore 7 alle ore 23 di domenica 12 giugno.
Buon voto e grazie per l’attenzione.
Giancarlo Ragone, Segretario del Partito Liberale Italiano di Bari “Giovanni Malagodi“, Presidente dell’Associazione “Società Aperta – I Liberali”.